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domenica 17 agosto 2014

COME PARLAVA 33 ANNI FA IL LEADER DEL MOVIMENTO A 5 STELLE

In quest’intervista che gli feci ben 33 anni fa, salta fuori un Beppe Grillo ben diverso da quello aggressivo di leader del Movimento 5 stelle. Ci sono anche cose simpatiche e inedite; ad esempio, che prima di esordire vendeva biancheria intima da donna.

Quando per Grillo l’Italia non faceva ridere

Intervista del 1979 a un giovane comico educato e quasi timido
il quale si consolava affermando che in qualsiasi momento
poteva ritirarsi e rimettersi a vendere biancheria da donna


di Sandro Bellei

Dopo l’esilio televisivo per la famosa battuta contro i socialisti, s'è preso la rivincita, riempie le piazze, ha imposto il suo “vaffa” ai politici di mestiere, e partendo da zero guida oggi l'unico partito del Bel Paese che si oppone al "Renzosconismo" che sta addormentando gli italiani. Da comico è diventato un politico che ha spaccato in due il paese e ha portato in Parlamento un numero di deputati che rischiano di condizionare qualsiasi governo. Beppe Grillo l’ho intervistato a Concordia, nell’ottobre del 1979, quando l’allora giovane comico genovese non si sarebbe azzardato a “mandare” neanche il cameriere che ritardava a portarci il caffè. Intelligente, gentile, già baciato dal successo in tv, non lasciava supporre la grinta accumulata in tanti anni di dorato esilio. A vederlo oggi, ingrassato, ingrigito, sbraitare in ogni piazza e sbertucciare anche il pubblico che va ad ascoltarlo, mi sembra - se non il nonno - almeno lo zio del comico che incontrai oltre 30 anni fa, quando, per timidezza o educazione, dava del lei persino a chi l’intervistava. L’interesse sta in alcune risposte di Grillo, soprattutto se lette alla luce di quanto è accaduto. Come quando si lamenta che “sia difficile far ridere, perché l’Italia di spunti comici ne offre davvero pochi...".

 
Infagottato in un maglione più lungo di quanto servirebbe e in jeans più larghi di almeno due taglie, stento a riconoscerlo. È incollato alla tv, mentre attende di esibirsi in un piccolo music-hall di Concordia, nascosto nella Bassa ovattata di nebbia. Dalla pista arrivano i ritmi di un “liscio” sincopato, ballato da cloni di John Travolta col vizio della brillantina facile. Ci presentano frettolosamente e gli spiego subito perchè ho sfidato la nebbia: per un'intervista con la quale vorrei sapere tutto di lui, persino cosa e come mangia. Per un attimo resta perplesso, poi prevale il senso del comico e sbotta: "Erano anni che attendevo un'occasione così!"
Com'è Beppe Grillo?
“Come vuole che sia, in questo momento? Fan-ta-sti-co! Scherzi a parte, sono un professionista che ha avuto l'occasione di dimostrare cosa sa fare, nonostante sia duro far ridere con un'Italia che di spunti umoristici ne offre davvero pochi..."
Cosa fai davanti alla tv, a riguardare lo show che hai registrato in settimana e nel quale non ci possono essere errori?
“Di errori ne restano sempre. È l'unico modo per capire dove ho sbagliato o dove ho piazzato l'effetto giusto”.
Piazzato?
“Piazzato. Crede che non studi i tempi delle battute, il ritmo del monologo e le pause per consentire al pubblico di ridere?”
Credevo che tu sfuggissi alla norma. Sia dal vivo sia in tv, dai la simpatica sensazione d’improvvisare, che riscatta generazioni di comici scontati, prevedibili, ripetitivi.
“Dipende dal tipo di contatto che si crea col pubblico nei primi minuti, subito dopo essere uscito alla ribalta e avere scrutato l’enorme buio nel quale cerco di vedere quanti sono e soprattutto “chi” sono...”
L’avevo preso per uno spigliato, goliardico, disincantato improvvisatore, invece è il massimo del puntiglio professionale. Come ogni buon genovese, quello che fa, e che gli piace, lo fa con pervicacia. Mister Hyde aggressivo e grottesco nei panni di scena, diventa un tranquillo, quasi scientifico, mister Hyde in quelli di Giuseppe Grillo, nato a Genova nel 1949, professione cabarettista.
Non hai paura di essere arrivato in vetta troppo velocemente?
“Forse, ma è meglio cosi. Bisogna sapersi economizzare. E io, da buon genovese, in fatto d’economie non ho niente da imparare...”
In genere, cosa mangi?
Possibilmente piatti liguri. Di solito, salto l’antipasto perchè è inutile, passo direttamente al secondo, quel che avanza lo tengo per la cena e il caffè me lo faccio offrire...”
Perchè Genova, da sempre, è un’enorme fucina di gente di spettacolo?
“È una città “dura”. Se fai ridere a Genova sei bravo davvero. È come Napoli. Se piaci lì, puoi andare ovunque. Ci sono preoccupazioni, problemi. È un po’ una cartina di tornasole. C’è stato Govi, come a Napoli c’è Eduardo. Lo spettacolo è nell’aria, nei “bassi” come nei “carrugi”. Sono città coreografiche, dove si respira teatro. Là le “sceneggiate” che Mario Merola ha rispolverato, da noi le avventure di Giobatta Parodi, la vita del porto, gli aneddoti sulla proverbiale avarizia che, invece, è la realistica presa di coscienza che i soldi si sudano. Villaggio, Bindi, Tenco, De Andrè e gli altri sono nati come me. Se vai all'osteria, puoi sentire un cantautore o un comico bravissimo. Magari, una sera c’è anche un impresario e arriva la scrittura...”
È capitato così anche a te?
“La mia partenza è stata più banale. Facevo, e non rida, il venditore di biancheria intima per signora. In casa mia, gli attori erano considerati bestie rare. L’istinto, però, era più forte del timore della cattiva considerazione familiare. Facevo cabaret alla mia maniera, in un teatrino di Genova, L'instabile. Una sera, per caso, venne un impresario, che mi segnalò a qualcuno che allora contava...”
Hai appena detto d’aver cominciato diversamente dagli altri...
“Si, ma per la biancheria intima...”
Il tuo Pigmalione è stato Pippo Baudo...
“Fu l’unico, che dopo 6 anni di gavetta, mi volle a tutti i costi, l’unico della RAI a capire che bisognava rinnovare, che i comici erano sempre gli stessi, freschi come brioches stantie”.
Cosa rimpiangi dei vecchi tempi, quando eri ancora Giuseppe Grillo e non osavi nemmeno sognare che saresti diventato un comico di successo?
“Io non sono un comico, sono uno che cerca di far ridere, è molto diverso...”
Stavo chiedendoti se hai rimpianti...
“Sarebbe assurdo se dicessi che una volta stavo meglio. Ho lottato per conquistarmi un posto e ci sto riuscendo. Ricordo ancora con nostalgia, però, il pubblico dei teatrini dove ho cominciato. Oggi è diverso. In giro ne incontro di ogni tipo: a qualcuno la mia parentesi scoccia perchè gli impedisce di ballare, altro s’innervosiscono per l’indigestione di musica nell’attesa che cominci lo spettacolo. Non ho quasi mai, se non a teatro, un pubblico omogeneo, venuto tutto per me. Lo avevo nel teatrino di Genova. Era più stimolante, ma si trattava appena di 50 persone. Anch'io, forse, ero più vero. Adesso, c'è meno improvvisazione. Una volta in tv, durante un monologo, mi si è rotto il cinturino dell’orologio e, lì per lì, ho inventato una battuta per non bloccare la registrazione. Il regista, invece, ha voluto rifare tutto. Troppo perfezionismo”.
Tutti hanno un modello. Woody Allen ha detto che avrebbe dato tutto per girare un film coi fratelli Marx. Tu a chi ti sei ispirato?
“Non ho un modello, ma forse, inconsciamente, quando recito penso a Gilberto Govi, al quale qualcuno mi ha affettuosamente accostato. Chi mi ha impressionato di più fra i comici italiani degli ultimi anni è Walter Chiari, che è sempre stato il mio idolo. Adoro i suoi monologhi, la sua stringente dialettica, la sua carica di grande umanità, il suo casino verbale. Forse, mi ha un po’ contagiato, anche se la sua è una comicità diversa, un misto di vecchio e nuovo. A volte, mi pare di non essere nemmeno un comico, ma uno che racconta i fatti di tutti i giorni e fa ridere soltanto perchè è ridicolo ciò che accade. Roba da ridere proprio per non piangere”.
Hai paura di non mantenere il successo faticosamente guadagnato?
“A volte, poi penso che se ho sfondato è perchè piaccio alla gente. Di sicuro, quando capirò di non fare più ridere, smetterò da solo. Potrei sempre tornare a vendere biancheria da donna...”
L’intervista è finita. Il pubblico, fuori, lo aspetta. Mentre prendo posto in sala, vedo mister Hyde uscire dal buio del palco, entrare nel cono di luce dell’occhio di bue per diventare dottor Jekyll.



DOPO IL FURTO DEL GUERCINO PER LA SICUREZZA DI QUESTA CITTÀ BASTERÀ MUZZARELLI O DOBBIAMO RIVOLGERCI A SAN GEMINIANO?


Ma di quanto è sceso il livello di guardia di questa città? Un "collega" di Maniero, che con la banda del Brenta aveva già depredato la galleria Estense nel 1992, ha potuto rubare indisturbato il Guercino custodito (si fa per dire) nella chiesa di San Vincenzo, di cui è responsabile don Gherardi, lo sfortunato parroco di San Biagio che nei giorni scorsi (strana coincidenza) era stato rapinato in canonica: un uomo col coltello l'aveva costretto a consegnargli il portafogli. 
Ma che città è diventata questa, mi chiedo e si chiedono tanti modenesi, dove i crimini contro il patrimonio aumentano, nonostante le confortanti statistiche della Polizia. Dove i giornali sono un bollettino di guerra. Dove la prostituzione e lo spaccio della droga sono all'ordine del giorno. Dove i cittadini che non ne possono più sono costretti a riunirsi in comitato per denunciare il peggioramento della situazione. Vivo a due passi dai Giardini ducali e noto anch'io come tanti come siano aumentate anche di giorno quelle che un tempo si chiamavano "romanticamente" lucciole e oggi hanno sempre più di frequente colori della pelle, nazionalità e persino sessi diversi. Questo verde pubblico, un tempo frequentabile da tutti a ogni ora, è diventato uno spazio incontrollato dove, scavalcando indisturbati i cancelli, si nascondono senzatetto in cerca di panchine e spacciatori a caccia di nascondigli per la loro merce, che vendono impunemente sotto gli occhi dei passanti. Lì vicino, via Poletti, è diventata una centrale di smercio. A ogni ora, vi stazionano extracomunitari (senza fissa dimora e senza permesso di soggiorno?), che hanno trovato davanti a un negozio multietnico, di cui vorrei conoscere la tabella merceologica, il loro quotidiano ritrovo. Anche in questo caso, un comitato di cittadini ha denunciato il problema, ma di pattuglie di Polizia - nonostante la situazione sia ben nota - ne vedo soltanto una ogni tanto. E quando arriva, non torna mai a mani vuote. È evidente che le forze dell'ordine non possono presidiare ogni punto cruciale della città, di cui ormai si conosce esattamente - è stata persino pubblicata dai giornali - la mappa dei luoghi più pericolosi, ma i cittadini pretendono ugualmente più sicurezza. La Polizia, con i pochi mezzi e uomini di cui dispone, fa quello che può. A chiedere aiuto allo Stato, allora, deve essere chi s'è appena insediato in piazza Grande, con l'ambizioso compito di cambiare faccia a questa città. Il furto del Guercino è un segnale d'allarme. Rubare un grande e importante quadro da una chiesa di notte, a due passi dal Tribunale e dalle sue telecamere di sicurezza, significa che a Modena qualsiasi malvivente può fare ciò che vuole. Ci mancherebbe solo che ci portassero via dal Duomo quel San Geminiano al quale chiediamo da lassù di aumentare, visto che ne è il protettore, la sicurezza della città. Lo fece già con Attila. Lo faccia anche con questi moderni barbari del crimine.



martedì 12 agosto 2014

I DISTRIBUTORI GESTITI DALLE COOPERATIVE FANNO UNA CONCORRENZA TALE CHE COSTRINGONO GLI ALTRI A CHIUDERE

Capisco le lamentele degli addetti alle stazioni di servizio, capisco un po' meno le richieste nei loro confronti da parte delle case petrolifere. Il risultato è che per fare il pieno, serviti o a self service, bisogna fare il giro delle sette chiese. I distributori che hanno chiuso in questi ultimi tempi non si contano più. Un tempo, se ne trovavano appena fuori dalla cinta urbana. Non solo distribuivano il carburante, ma offrivano anche alcuni utili servizi per gli automobilisti, come la misurazione della pressione dei pneumatici o il controllo di tutti i liquidi. Oggi, non dico per fare il pieno (un'abitudine che la crisi ha da tempo cancellato), ma anche solo per rabboccare il serbatoio, si corre il rischio di consumare un bel po' di benzina lungo la strada. 
Uno dei primi sintomi del fenomeno è che alcuni dei pochi distributori aperti cominciano già (come certe negozi, che tengono alzate le saracinesche anche dopo i consueti orari di chiusura) a essere gestiti da extracomunitari che evidentemente si accontentano di un incasso più magro rispetto a quelli di un tempo. Non so chi possa intervenire, ma è evidente che di questo passo per fare rifornimento si dovrà raggiungere l'autostrada, dove (almeno lì!) mi auguro che le società petrolifere mantengano il loro presidio. La causa? Forse che i distributori gestiti dalle cooperative, che oltre tutto non offrono i servizi cui un tempo eravamo abituati, facciano troppo concorrenza? 

sabato 9 agosto 2014

GHIRLANDINA APERTA IN AGOSTO? LA GIUNTA HA VINTO UNA BATTAGLIA MA NON ANCORA LA GUERRA

Decidendo di mantenere aperta la Ghirlandina tutto l'anno, la Giunta ha vinto una battaglia ma non ancora la guerra. Per il turismo della città e della provincia c'è ancora tantissimo da fare. Bisogna recuperare decenni di grave disimpegno. Ringrazio il sindaco per aver accolto con lodevole velocità la mia proposta di aprire in agosto la Ghirlandina ai numerosi turisti che stanno visitando Modena. Ritengo di aver vinto una piccola battaglia personale, ma mi lusinga che i vantaggi siano a favore della città dove sono nato e che amo. Tenerla chiusa proprio in agosto, com'era stato deciso, avrebbe significato deludere in maniera irreversibile chi viene nella nostra città anche per salire sulla torre che, insieme con il Duomo, ha ricevuto dall'Unesco la preziosa qualifica di patrimonio dell'umanità.
È un primo importante passo sulla strada del marketing territoriale che a Modena, per ragioni di disponibilità di bilancio o, peggio, per un'atavica scarsa attitudine a valorizzare le proprie numerose eccellenze, è sempre stata assai poco battuta. Oggi, però, grazie alla nuova Giunta, la città sembra orientata finalmente a sgomitare, insieme con gli altri capoluoghi emiliano-romagnoli, per attirare dalle nostre parti chi ama l'arte e la storia, ma anche le auto da corsa (siamo l'unica città che in questo campo vanta un'appetibile concentrazione di aziende e musei da visitare) e, perchè no, la buona tavola.
Chi è in grado inserire nel proprio biglietto da visita, oltre ai capolavori del Romanico, la Ferrari, la Maserati, la Pagani, la Stanguellini, la De Tomaso, la Lamborghini (bolognese per poche centinaia di metri), un secolare Palazzo ducale, una fornitissima Pinacoteca, chiese sei-settecentesche, il Festival della filosofia, il Museo Casa natale Enzo Ferrari e (ci sono anche i turisti gourmet) golose specialità enogastronomiche come il Lambrusco - il vino rosso italiano più venduto al mondo -, il parmigiano reggiano e l'aceto balsamico tradizionale? Dimenticavo la tavola imbandita da Massimo Bottura, uno degli chef più apprezzati al mondo.
Poche città possono offrire tanto tutto assieme. Si tratta di valorizzare questo patrimonio, di comunicarlo puntualmente e opportunamente al mondo attraverso i canali del web, di organizzarlo perchè sia sempre a disposizione e di darlo in gestione per intero (a chi meglio che al Comune con un assessorato ad hoc?) perchè non vi siano sovrapposizioni o dimenticanze. La riapertura della Ghirlandina è un primo confortante passo su una strada che è ancora tutta da percorrere, ma che a questa città potrà dare molto presto un importante tornaconto economico.


giovedì 7 agosto 2014

SUCCESSO AMERICANO DEL LAMBRUSCO "RADICE" DELLA CANTINA PALTRINIERI

Uno dei quotidiani più importanti degli USA, The Indipendent", ha dedicato al Lambrusco "Radice" della cantina di Alberto e Barbara Paltrinieri a Bomporto un articolo elogiativo che fa di una di una delle sue etichette un punto di riferimento per la cucina degli Stati Uniti. 
Alberto Paltrinieri
La giornalista Anna Hunt scrive: "Il Lambrusco ha visto una ripresa negli Stati Uniti un paio d’anni fa, dopo una spinta del marketing americano che lo descriveva come “il figlio illegittimo del vino e dello Champagne, un’unione inebriante di tannino e bollicine". Questo ha ispirato un’ondata di articoli che lo acclamavano come una "gemma dimenticata". I bar di New York hanno sfruttato la tendenza. "Non è compito facile persuadere i clienti del fatto che i Lambruschi nei ristoranti esclusivi di questi tempi sono di piccola produzione, artigianali e ben lontani dalla dolce robaccia del passato" dice Nam Knudsen. Il Lambrusco era popolare negli anni 70 e oltre, – entro la fine degli anni 80 si vendevano 100 milioni di litri di Lambrusco bianco in tutto il paese – ma poi è caduto in disgrazia. Ora che il Prosecco e il Rosé hanno i loro momenti di gloria, questo rosso frizzante è pronto per tornare in auge. "La moda del vino è soggetta a tendenze e cicli, e ora la gente sta riscoprendo i vini che aveva giurato di non bere mai più" dice Nam Knudsen. Eliza Flanagan serve Lambrusco nei suoi ristoranti e crede che un revival ci volesse da tempo. 
"Ci sono grosso modo tre categorie di Lambrusco", dice stappando una bottiglia di Lambrusco di Sorbara Radice Paltrinieri (venduta nel negozio online di Ottolenghi a £18.99). "C’è la dolciastra versione frizzante dei supermercati. C’è il Lambrusco rosso scuro di qualità, ricco e appena semi-secco. Questo è quello che sta veramente prendendo il volo: un vino di tonalità rosé più secco, sottile, con un enorme carattere". Il Lambrusco Radice è un rinfrescante piacere schiumoso. La fermentazione naturale gli presta un gusto di terra insieme con una nota di lievito, di pane, che associamo allo Champagne. Mi trovo a sognare a occhi aperti pesce azzurro, scampi e capesante, che sarebbero perfetti con il Radice. "La grande attrattiva per me sono il basso contenuto alcolico, la freschezza e la semplicità." - dice Nam Knudsen - "La buona acidità e il finale pulito lo rendono anche un ottimo pulisci palato".

giovedì 31 luglio 2014

TRENETTE AL PESTO

Ingredienti per 4 persone
   400 gr. di trenette
per il pesto
   30 gr. di basilico
   15 gr. di pinoli
   1 spicchio d'aglio
   40 gr. di pecorino grattugiato
   2 dl. di olio extravergine di oliva
   sale e pepe q.b.


Tritate l'aglio e il basilico, aggiungete un pizzico di sale per conservare il colore verde delle foglie, poi metteteli in un mortaio con i pinoli e pestateli, aggiungendo un filo d’olio. Versate il pesto ottenuto in una terrina e mescolatevi tutti gli altri ingredienti: il parmigiano reggiano grattugiato, il pecorino stagionato grattugiato, l’eventuale olio rimasto, sale e pepe a piacere. Cucinate la pasta in acqua bollente e salata, poi scolatela al dente.
Conditela con il pesto e, se questo risultasse troppo denso, prima di servire in tavola, diluitelo appena con un bicchiere d’acqua di cottura.

lunedì 28 luglio 2014

LINGUINE AI GAMBERETTI

Ingredienti per 2 persone
·       160 gr. di linguine o altra pasta
·       100 gr. di gamberetti
·       10 pomodorini datterini
·   3 cucchiai d'olio extra vergine d'oliva
·       1 aglio
·       scaglie di parmigiano reggiano q.b.
·       sale q.b.
·       prezzemolo fresco q.b.


Un’alternativa alle solite linguine con i gamberetti, che aggiunge anche un tocco di sapore, è aggiungere al piatto delle scaglie di parmigiano reggiano. È un primo velocissimo, il tempo di lessare la pasta ed è pronto. Mettete a bollire abbondante acqua salata, tagliate a tocchetti i datterini lavati e tritate finemente il prezzemolo. Il sugo è davvero velocissimo. Aspettate che la pasta sia quasi cotta, poi mettete l’olio in padella con lo spicchio d’aglio. Quando soffrigge leggermente, aggiungete i gamberetti, lasciateli insaporire per un minuto e unite i pomodorini con un po’ di sale. Scolate la pasta al dente, ripassatela in padella velocemente e aggiungete un cucchiaio di acqua di cottura per farla legare. Impiattate e cospargete le linguine con prezzemolo fresco e scaglie di parmigiano reggiano.