Pagine

giovedì 27 febbraio 2014

NOMINATO MEMBRO DEL CENTRO STUDI DELL'EMILIA DALL'ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA


 

Mi fa particolarmente piacere che l'Accademia Italiana della Cucina, della quale faccio parte da ben 25 anni, mi abbia nominato membro del Centro studi territoriale dell'area Emilia per il biennio 2013-2015. Ringrazio per il riconoscimento che arriva dopo la mia partecipazione ai lavori del Centro Studi Marenghi dell'Accademia, che mi ha già gratificato due anni fa con il Premio Nuvoletti per la valorizzazione, attraverso i miei articoli e i miei libri, del prezioso patrimonio eno-gastronomico italiano.

INALCA HA SUPERATO LA SOGLIA DEL 70% DEL PROPRIO FABBISOGNO ENERGETICO IN AUTOPRODUZIONE

L’importante traguardo è stato raggiunto grazie alla cogenerazione e all’utilizzo di energia da fonti rinnovabili derivanti dagli scarti della produzione. Inalca, società leader in Italia nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne, ha superato la soglia del 70% di energia autoprodotta internamente tramite la cogenerazione industriale e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili derivanti dalla valorizzazione delle proprie biomasse.  Il contributo fornito dell’energia verde deriva dalla definitiva messa a regime dell’impianto di biogas, alimentato principalmente da biomasse e da sottoprodotti della macellazione. La struttura è stata realizzata nel complesso industriale di Ospedaletto Lodigiano, il più grande e moderno impianto europeo per la macellazione e la lavorazione delle carni bovine, con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente i progetti per la sostenibilità ambientale avviati dall’azienda già da diversi anni (Inalca ha ottenuto la certificazione ambientale ISO 14001 sin dal 2004.)
L’impianto ha richiesto un investimento di 4,5 milioni di euro e permette di autoprodurre energia interamente da fonti rinnovabili. Sul fronte dell’efficienza energetica, i risultati sono stati ottenuti grazie all’installazione di 3 impianti di cogenerazione ad alta efficienza, distribuiti negli stabilimenti di Castelvetro, Ospedaletto Lodigiano e Rieti
Pertanto grazie agli importanti investimenti realizzati dall’azienda nel settore dell’energia l’attuale assetto impiantistico consente un risparmio del 18% di TEP (Tonnellate Petrolio Equivalenti) all’anno e la riduzione di emissione di CO2 pari a 16.000 tonnellate per anno. Inoltre, sempre in linea con la policy di sostenibilità ambientale, Inalca è in grado di avviare alla raccolta differenziata e al recupero oltre il 95 % dei propri rifiuti
Per quanto riguarda il ciclo idrico, l’azienda è in grado di avviare a recupero oltre 82.000 mc. di acqua all’anno. Lo stabilimento Inalca di Ospedaletto Lodigiano, inaugurato nel 1999, si estende su una superficie di 400.000 mq., di cui 60.000 mq. coperti, con una capacità di macellazione totale di 350.000 capi all’anno. Oltre alla prima fase di trasformazione tipica dell’industria di macellazione (mezzene, quarti, tagli freschi e surgelati), lo stabilimento è specializzato nella realizzazione di prodotti ad alto contenuto di servizio: porzionati a peso fisso e variabile, elaborati di carne, macinati e hamburger, commercializzati anche con il marchio Montana, destinati in particolare alle catene della grande distribuzione. Il reparto disosso e sezionamento lavora oltre 100.000 tonnellate di prodotto all’anno. 
Inalca è la società del gruppo Cremonini, leader in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne, salumi e snack, con i marchi InalcaMontanaCortebuona e Ibis. Nel 2012, ha registrato ricavi totali per oltre 1,54 miliardi di euro. La società, con più di 2.700 dipendenti, ha 10 stabilimenti in Italia specializzati per tipologia di prodotto (per la produzione di carni bovine 4 nell’area salumi, snack e gastronomia pronta), e 18 impianti e piattaforme distributive all’estero, con una presenza importante in Russia e in vari paesi africani. Oltre il 50% del fatturato della produzione deriva principalmente dalle attività estere. 
Cremonini, con oltre 12.200 dipendenti, e un fatturato complessivo 2012 di 3,42 miliardi di euro, di cui oltre 35% realizzato all'estero, è uno dei più importanti gruppi alimentari in Europa e opera in 3 aree di business: produzione, distribuzione e ristorazione. Il gruppo è leader in Italia nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne (Inalca e Montana) e nella commercializzazione e distribuzione al foodservice di prodotti alimentari (Marr). È leader in Italia nei buffet delle stazioni ferroviarie, vanta una presenza rilevante nei principali scali aeroportuali italiani e nella ristorazione autostradale ed è uno dei maggiori operatori in Europa nella gestione delle attività di ristorazione a bordo treno (Chef Express). È infine presente nella ristorazione commerciale con la catena di steakhouse a marchio Roadhouse Grill. 


martedì 25 febbraio 2014

ALBERTO FIORINI PRESIDENTE DEL VINO "TURISTICO"




Alberto Fiorini (nella foto) di Podere Fiorini e Torre dei Nanni, modenese, è il nuovo presidente del Movimento Turismo del Vino Emilia Romagna nominato dopo Francesco Lambertini, Tenuta Bonzara; quest’ultimo ha guidato l’associazione con grande dedizione, per due mandati consecutivi. La decisione è stata presa dal Consiglio di amministrazione riunitosi alla cantina Palazzona di Maggio a Ozzano dell’Emilia (Bo) che all’unanimità ha votato per il passaggio del mandato da Lambertini a Fiorini.
Alberto Fiorini ha presentato un programma di attività per il triennio volto a creare iniziative e visibilità per le cantine associate che non sia focalizzato solo su Cantine Aperte. L’idea centrale è quello di creare interesse verso le cantine tutto l’anno con la ricerca di collaborazioni e sinergie con istituzioni, privati ed altre associazioni.
Queste le parole del nuovo Presidente ‘Mi occupo della conduzione delle due cantine familiari e credo fortemente nelle potenzialità offerte dal turismo enogastronomico come fulcro per creare opportunità di crescita e non solo, per tutte le cantine e per i ristoranti, attività artigianali sul territorio regionale. Cercherò di svolgere questo mio mandato con pieno spirito associativo di apertura verso il nuovo e incentrato su collaborazione e partnership con chi vorrà, con entusiasmo, credere in questa associazione.

lunedì 24 febbraio 2014

ÉSER IN DOM

Éser in dal lébber négher.
Essere nel libro nero, essere sospettato, avere cattiva reputazione, essere nel mirino di qualcuno che medita propositi di vendetta, essere caduto in disgrazia. Il “libro nero” era usato in Francia durante la Rivoluzione, per annotarvi le persone sospette, sul capo delle quali poteva cadere, da un momento all’altro, la lama della ghigliottina. In seguito, “al lébber  négher” indicò anche il libro dove i commercianti segnavano i debiti dei clienti insolventi.

Éser in Dòm.  
Essere in chiesa, non avere un soldo. Fino a qualche anno addietro, i mendicanti chiedevano l’elemosina davanti all’ingresso principale delle chiese. Qualcuno, quindi, interpreta “Dòm” come “duomo”, la chiesa per eccellenza, ma altri offrono una versione più sofisticata e intelligente: “Dom” non sarebbe altro che la riproduzione fonetica della scritta che si trova sulla facciata di molte chiese (l’acrostico di “Deo Optimo Maximo”), cioè la dedicazione a Dio, il più buono, il più grande. Per altri ancora, soprattutto a Bologna, “dòm” significa “Monte di pietà”, il luogo dove i ladri, un tempo, portavano la merce più difficile da rifilare ai ricettatori.

Éser in ‘na làttra.
Essere in una lettera, trovarsi molto male in arnese, senza possibilità di salvezza. Una volta, quando un emigrato moriva lontano da casa, l’annuncio veniva dato alla sua famiglia con una lettera che conteneva il ricordino funebre (“al santèin”). Il tempo ha attenuato il significato estremo dell’espressione che ora indica soltanto chi si trova in precarie condizioni economiche o di salute.


Éser (Ridur’s) al vérd. 

Essere al verde, ridursi al verde. Essere alla fine delle risorse, senza soldi. Un tempo, le candele avevano la parte inferiore tinta di verde e, logicamente, quando erano quasi del tutto consumate, erano “ridotte al verde”.
 
 


giovedì 20 febbraio 2014

CAOS IN PIAZZALE NATALE BRUNI

Piazzale Natale Bruni, grazie alle ultime decisioni prese dall'Ufficio comunale del traffico, è diventato un pericoloso "tappo" per la circolazione e un'enorme fonte d'inquinamento. Vien quasi da pensare che si stesse meglio quando si stava peggio, cioè quando il traffico della zona era regolato da un semaforo. Oggi la situazione è semplicemente caotica in ogni momento della giornata a causa delle diverse correnti di traffico che gravitano su quell'area. Da nord arrivano i veicoli che scendono dal cavalcavia di viale Guido Mazzoni, da sud quelli che percorrono corso Vittorio Emanuele II, da ovest quelli che arrivano dalla stazione ferroviaria attraverso viale Crispi e da est quelli che giungono da via Piave. La confusione è immensa, soprattutto da quando incomprensibilmente è stato piazzato un semaforo all'inizio di viale Crispi, che in certi momenti blocca numerosi autoveicoli, compresi gli ingombranti mezzi pubblici, provocando un'insostenibile situazione di caos.

Il problema è stato più volte segnalato, ma il competente ufficio ha deciso di non prendere alcun provvedimento, nonostante le pressanti lamentele di chi abita nella zona o è costretto ad attraversarla più volte al giorno. La situazione è aggravata dal fatto che le vetture che provengono da via Piave sono spesso costrette a fermarsi a causa del rosso del semaforo a chiamata azionato dai pedoni che devono attraversare. Quel rosso, anche se il pedone è uno solo, dura più del tempo che serve all'attraversamento. Ciò significa che se un secondo pedone pigia il pulsante, il rosso può durante anche il tempo sufficiente a creare una lunga fila di automobili che emettono inquinanti dai loro tubi di scappamento. 



Dalla parte opposta, davanti all'ex cinema Principe, le strisce pedonali per l'attraversamento creano un analogo fenomeno che coinvolge le vetture dirette in via Caduti in guerra. Come si potrebbe risolvere il problema? Prima di tutto spostando un po' più avanti il semaforo di viale Crispi, in secondo luogo evitando che il rosso a chiamata di via Piave duri troppo a lungo. La soluzione migliore, probabilmente, sarebbe quella di un'utilissima passerella ciclopedonale, ma i soldi sono stati spesi tutti per quella, assolutamente inutile, che rappresenta un monumento allo spreco (2 milioni e mezzo il costo...) e che fa inutilmente bella mostra di sè in via Emilia Est. Peccato, inoltre, che la nostra città, con un'assurda furia devastatrice, abbia abbattuto, oltre alle mura, anche tutte le porte, che a Bologna, ad esempio, hanno salvato con urbanistica saggezza. In piazzale Natale Bruni, infatti, la vecchia Porta Castello sarebbe stata una naturale ed economica rotatoria, che avrebbe dato ai modenesi assai meno problemi di quelli che devono affrontare transitando in una delle zone più trafficate della città.

sabato 15 febbraio 2014

CHIOSCHI SOVIETICI NEL PARCO

Modena è sfortunata con le baracche e i chioschi. Le prime erano quelle di piazza XX settembre che, benchè firmate da un'archistar come Paolo Portoghesi, non sono mai piaciute ai modenesi e nemmeno a Sandrone che in un suo sproloquio dal balcone del Comune, facendo riferimento alla sede del PCI di allora, le battezzò "baracche oscure".  Ora, alle spalle della stazione delle autocorriere, sono ancora brutte, ma disturbano meno il panorama estetico della città. I secondi sono i discussi contenitori per i bar del Parco, che hanno sollevato in pochi giorni un grande polverone, coinvolgendo non solo Italia Nostra ma anche associazioni e opinionisti cittadini, critici soprattutto verso i piloni di cemento che dovranno reggere i chioschi.
In effetti, il progetto standard del Comune richiama orizzonti amministrativi ben lontani dalla nostra culturale, sia estetica sia commerciale. Questa cementificazione del bell'anello di verde che circonda la città poteva essere evitata. La scusa di strutture antisismiche non regge, visto che i chioschi esistenti non hanno subito danni a causa della loro leggera struttura. Imporre un modello uguale per tutti uccide la creatività e l'iniziativa degli esercenti, che si vedono costretti obtorto collo, se vogliono continuare la loro attività, a una spesa che, nonostante le agevolazioni promesse dal Comune, in un momento di crisi avrebbero evitato con piacere. E anche il Comune avrebbe potuto risparmiare i 2.300.000 euro che questo progetto così discusso verrà costare. Progetto, fra l'altro, deciso a fine legislatura quando i disegni dell'ex assessore Daniele Sitta pare debbano essere realizzati a tutti i costi anzichè, come sarebbe più stato più logico, passarli in eredità alla prossima amministrazione. Anche politicamente, alla vigilia delle prossime elezioni amministrative, appare rischiosa una simile operazione. Non era meglio sondare prima il parere dei modenesi, che fortunatamente non sono più disponibili, nemmeno per ragioni ideologiche, avveniva come tempo fa, a digerire tutto ciò che decide un'amministrazione che guida ininterrottamente questa città da 68 anni? Non sono serviti di lezione i tanti progetti decisi ma poi abortiti da questa Giunta. L'elenco sarebbe troppo lungo, ma basta ricordare la polemica sulla piscina al Parco Ferrari e la querelle sulle piazze da ristrutturate.
Un'altra delle considerazioni fatte a difesa del progetto è che in questo modo gli esercenti potranno tenere aperto anche d'inverno. Sarebbe stato possibile ugualmente, invece, come ha fatto qualcuno che si è attrezzato alla bisogna senza il diktat del Comune. L'ultima considerazione è di carattere estetico, sebbene (mi rendo conto) ovviamente soggettiva. Se il modello dovrà essere, com’è stato più volte annunciato, quello del chiosco a fianco dell'ex cinema Principe c'è davvero da chiedersi dove si sia ispirato il progettista. Ma tant'è. Ha ragione l'architetto Pierluigi Cervellati quando dice che Modena è una bella città che fa di tutto per diventare brutta.