

Pretendere che il vasto pubblico accetti definizioni come "i
profumi di gloria degli arrosti", "la gloria liquida del
baccalà" e "la gloria volatile" degli animali da cortile, mi
sembra eccessivo, persino un'offesa all'intelligenza di chi, nei giorni del Festival,
ordinerà questi piatti, ma senza porsi altro problema se che non quello di una
buona digestione. E non l'ansia dei "notturni di gloria" andando in
cerca dei sapidi formaggi del territorio. Non voglio assolutamente screditare
l'intenzione, perchè a riconoscere importanza alla cultura della tavola è
proprio il sottoscritto, ma senza mistificazioni accademiche che possono
reggere una volta, mentre col tempo rischiano di diventare una "marchetta
(seppure filosofica) per giustificare una prestazione "professionale".
All'85 enne docente di filosofia vien voglia di dire affettuosamente: ma parla
come mangi. E agli organizzatori del Festival che il "cestino
filosofico" è solo la copia del cestino da viaggio inventato nel 1913 da
Marsilio Casali, il buffettier della stazione ferroviaria di Cesena.
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