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venerdì 23 maggio 2014

FÈR AL FÙRB PÉR A-N PAGHÈR AL DAZI

Il verbo fare (fèr) è usato nel nostro dialetto in tanti modi di dire e proverbi, alcuni dei quali sono ricordati qui di seguito.
A fa la luna, La luna nuova inizia un nuovo periodo.
A fèr dal bèin a un èsen l'è fàcil avér di chèlz, A far del bene a un asino è facile ricevere dei calci. Come dire: "L'ignorante non è mai riconoscente".
A fèr la limòsna a-n s'va in miséria, A far l'elemosina non si va in miseria.
A vèl piò un a fèr che zèint a dir, Vale più uno che fa che cento che dicono. È meglio agire che parlare. È analogo a A vèl piò un fat fat che zèint da fèr, Ha più valore una cosa già fatta che cento ancora da fare. Come dire: "Cosa fatta capo ha".
Al n'ha fat piò che Mastréll, Ne ha fatte più di Mastrilli. Ne ha fatte di tutti i colori. Giuseppe Mastrilli, a cavallo del XVIII e XIX secolo, fu uno dei più feroci briganti calabresi. La sua fama di patricida, rapinatore e stupratore giunse anche a Modena, dove venne ingigantita dal burattinaio Giulio Preti, che lo fece diventare protagonista di una delle sue commedie.
Al s'la fa e al s'la dis, Se la fa e se la dice. Espressione usata con chi fa e disfa senza chiedere consiglio.
Acsè a fàm prémma, Così ci decidiamo, una buona volta.
A-n fèr gnanch 'na piga, Non fare neanche una piega, restare impassibile.
A-n fèr la piva, Non fare la piva. Espressione con la quale ci si rivolge a una persona noiosa.
A-n fèr ménga l'èsen, Non fare l'asino. Si dice in tono scherzoso a un amico per farlo ravvedere da un comportamento sbagliato.
A-n me fa gnanch al blàddegh, Non mi fa neanche il solletico. Non lo prendo neanche in considerazione. Non mi fa paura, mi lascia indifferente, non mi preoccupa.
A-n savér cuma fèr a fèr gnir sìra, Non sapere come fare a far venire sera. Si dice di chi non ha niente da fare.
A-s fa un brótt invér(e)n st'istê, Si fa un brutto inverno quest'estate. Espressione scherzosa per indicare che le cose si mettono al peggio.
Bisàgna fèr mèl per a-n fèr péz, Bisogna fare male per non fare peggio.
Chi fa a sô môd al scampa dés an de piò, Chi fa a modo suo campa dieci anni di più.
Chi fa éd sô tèsta pèga éd sô bórsa (saàca), Chi fa di proprio testa paga personalmente.
Chi sa fèr de tótt, a vól dir ch'a-n sa fèr gnint, Chi sa fare di tutto vuol dire che non sa fare niente.
Dann e muradór i fan e i desfàn la cà, Le donne, come i muratori, una casa possono farla ma anche distruggerla.
Fam puvràtt, a dis la vida, s't'vô ch'a-t faga récch, Fammi povera, dice la vite al villano, se vuoi che ti faccia ricco. Come dire: "Potami, perché possa crescere rigogliosa".
Fèr al bèch a l'òca, Fare il becco all'oca, concludere qualcosa che si sta facendo.
Fèr al blàddegh ai stivài, Fare il solletico agli stivali. Significa fare una cosa inutile.
Fèr al ciài, Fare lo stupido per interesse.
Fèr al fùr(e)b pèr a-n paghèr al dazi, Fare il furbo per non pagare il dazio. Far finta di non capir per non pagare ciò che è dovuto. Si racconta che quando la città aveva le mura e le gabelle del dazio a ogni porta d'ingresso, un giorno i "padlòt", le guardie daziarie che venivano chiamate così per le grandi padelle di braci con cui durante l'inverno si difendevano dal freddo o per la forma del proprio copricapo, fermarono un tale che presentava uno strano rigonfiamento sotto il tabarro. Gli chiesero più volte cosa fosse quel gonfiore, ma lui rispondeva sempre ripetendo la domanda che gli ponevano i gabellieri. Dopo un po' di questa manfrina, uno di loro andò su tutte le furie gli intimò: "Al sèinta, bòun umàz, vól-el smàtter éd fèr al fùreb per a-n paghèr al dazi", Senta, buon uomo, vuole smetterla di fare l'asino per non pagare il dazio.


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