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lunedì 24 febbraio 2014

ÉSER IN DOM

Éser in dal lébber négher.
Essere nel libro nero, essere sospettato, avere cattiva reputazione, essere nel mirino di qualcuno che medita propositi di vendetta, essere caduto in disgrazia. Il “libro nero” era usato in Francia durante la Rivoluzione, per annotarvi le persone sospette, sul capo delle quali poteva cadere, da un momento all’altro, la lama della ghigliottina. In seguito, “al lébber  négher” indicò anche il libro dove i commercianti segnavano i debiti dei clienti insolventi.

Éser in Dòm.  
Essere in chiesa, non avere un soldo. Fino a qualche anno addietro, i mendicanti chiedevano l’elemosina davanti all’ingresso principale delle chiese. Qualcuno, quindi, interpreta “Dòm” come “duomo”, la chiesa per eccellenza, ma altri offrono una versione più sofisticata e intelligente: “Dom” non sarebbe altro che la riproduzione fonetica della scritta che si trova sulla facciata di molte chiese (l’acrostico di “Deo Optimo Maximo”), cioè la dedicazione a Dio, il più buono, il più grande. Per altri ancora, soprattutto a Bologna, “dòm” significa “Monte di pietà”, il luogo dove i ladri, un tempo, portavano la merce più difficile da rifilare ai ricettatori.

Éser in ‘na làttra.
Essere in una lettera, trovarsi molto male in arnese, senza possibilità di salvezza. Una volta, quando un emigrato moriva lontano da casa, l’annuncio veniva dato alla sua famiglia con una lettera che conteneva il ricordino funebre (“al santèin”). Il tempo ha attenuato il significato estremo dell’espressione che ora indica soltanto chi si trova in precarie condizioni economiche o di salute.


Éser (Ridur’s) al vérd. 

Essere al verde, ridursi al verde. Essere alla fine delle risorse, senza soldi. Un tempo, le candele avevano la parte inferiore tinta di verde e, logicamente, quando erano quasi del tutto consumate, erano “ridotte al verde”.
 
 


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