Mi sono incuriosito
leggendo la notizia di una clamorosa iniziativa del Comune di Venezia, municipalità di Mestre, che il 17 dicembre ha deciso di eliminare il nome del generale Enrico Cialdini dallo stradario cittadino.
Gli amministratori veneti hanno deciso che un personaggio controverso
come il modenese Cialdini non merita uno spazio civico intitolato in suo onore.
Poichè Modena a Cialdini ha intitolato non solo un'importante arteria ma anche
una storica casa protetta per anziani, viene spontaneo interessarsi più da
vicino di questo castelvetrese che fu prima un militare e poi un uomo politico.
Certa storia lo
etichetta come una sorta di criminale di guerra, benchè sia stato pluridecorato
da casa Savoia e a lungo parlamentare del Regno d’Italia. Alcuni storici, che
hanno passato in rassegna le sue imprese nel sud dell'Italia nell’imminenza
dell’unificazione del 1861, asseriscono che la furia di Enrico Cialdini – in
occasione della sua dichiarata lotta al brigantaggio – si sia abbattuta come un
ciclone anche sulle inermi popolazioni meridionali, con arresti in massa,
esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, azioni punitive contro
interi centri abitati arrivando persino all’eccesso di eccidi come quelli di Casalduni e Pontelandolfo, in provincia
di Benevento.
In occasione di
questi due episodi, diverse cronache dell’epoca raccontano che il 14 agosto
1861 Cialdini ordinò una vera e propria
strage di rappresaglia, che fu eseguita dal Regio esercito piemontese ai
danni della popolazione civile dei due Comuni. L’iniziativa fu conseguente all'uccisione
di 45 militari dell’esercito piemontese, catturati alcuni giorni prima da “briganti”
del posto. I due piccoli paesi furono quasi rasi al suolo, lasciando circa
3.000 persone senza dimora e facendo un numero di vittime tuttora incerto, compreso
tra il centinaio e il migliaio. Si racconta che le donne furono violentate o
uccise, mentre l’esercito saccheggiava tutti i beni. Chi non morì fucilato, fu
arso vivo all’interno delle abitazioni.
Chi oggi rivendica
la rilettura di queste drammatiche pagine di storia denuncia che l’azione del
Cialdini di lotta contro il brigantaggio ebbe in realtà, come principale
obiettivo strategico, quello di evitare una sollevazione anti-piemontese e
filoborbonica delle province meridionali. Cialdini è accusa di avere, con
estrema severità, agito non solo contro i briganti, ma anche contro la
popolazione accusata di appoggiarli, talvolta senza alcun fondamento, ergendosi
a nemico del brigantaggio, sebbene quest'attività, ormai, avesse perso
l’appoggio popolare, degenerando in semplice banditismo. Occorreranno ancora
molti anni prima che si riesca a definire con chiarezza l’intera azione
politica piemontese nel sud dell'Italia, ma nel caso specifico di
Cialdini, l’abuso di potere indiscriminato è da molti considerato un dato
acquisito.
Un saggio quantomeno del piglio del Cialdini è offerto da un
telegramma inviato al Governatore del Molise nel
1860. Ecco come si esprime il militare: “Faccia pubblicare che fucilo tutti i
paesani armati che piglio. Oggi ho già cominciato”. E il Governatore esegue
l’ordine perentorio: “Tutti i Comuni della Provincia dove si son manifestati o
si manifesteranno movimenti reazionari sono dichiarati in istato d’assedio. In
tutti i comuni sarà eseguito un rigoroso e generale disarmo… I cittadini che
mancheranno all’esibizione delle arme di qualunque natura, saran puniti con
tutto il rigore delle leggi militari da un consiglio di guerra subitaneo. Gli
attruppamenti saran dispersi con la forza. I reazionari presi con l’arma saran
fucilati…Gli spargitori di voci allarmanti saran considerati reazionari e
puniti militarmente con rito sommario".
Al compimento delle
sue imprese, Cialdini fu eletto deputato al primo (1860) e al secondo (1861)
Parlamento italiano, nella circoscrizione di Reggio Emilia. Il 13 marzo 1864,
fu nominato senatore da Vittorio Emanuele II. Nel 1869, divenne ambasciatore
speciale in Spagna, al fine di favorire un esponente della casa Savoia al trono
vacante, di cui fu insignito Amedeo d’Aosta con il titolo di Amedeo I di
Spagna. All’abdicazione di Amedeo, l’11 febbraio 1873, Cialdini divenne
ambasciatore italiano in Francia fino al 1881, quando prese definitivo congedo
dalla vita politica.
La delibera approvata a Venezia con 25
voti favorevoli e un solo astenuto (un esponente della Lega Nord) appare
come un primo tentativo di riparare simbolicamente a questa oscura pagina della
storia unitaria. Non è escluso che a questa iniziativa faccia seguito una vera
e propria ecatombe di “via Cialdini” nella toponomastica del Sud, dove vie
cittadine dedicati al generale modenese sono innumerevoli, a dimostrazione che
la storia la scrivono sempre i vincitori. E a Modena, cosa diranno quelli che
della carriera di Cialdini poco o niente sanno?
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