Ho letto, e pubblico volentieri, le riflessioni sul Parco delle
Rimembranze dell'urbanista Lorenzo Carapellese, che ha seguito le ultime
vicende del parco cittadino. È una voce autorevole che si esprime contro un
progetto distruttivo, che il Comune ha voluto portare avanti a tutti i costi.
La mobilitazione dei cittadini, l’attenzione dei media e il lavoro svolto
dall’ing. Gaetano Galli, che ha smontato ogni dettaglio del piano di
“riqualificazione commerciale” per dimostrare quanto il progetto comunale fosse
devastante sul piano dei danni ambientali e distruttivo di un parco storico,
soggetto a vincoli precisi, hanno portato all’intervento della magistratura,
che ha disposto il sequestro dei cantieri.
Ci voleva la triste storia dei chioschi per riparlare del vecchio, caro
Parco di Modena. Di come sia stato da molti anni a questa parte negletto,
certamente poco mantenuto. Con panchine vecchie e scassate, lastroni di pietra
scomodi e sporchi, prati spelacchiati, cordoli di contenimento delle aiuole
spariti da tempo, primo strato di terreno duro come la pietra, senza fiori, in
diversi punti senza più erba da chissà quanti anni. Eppure quando si dice Parco
si pensa a questo Parco, al parco delle Rimembranze o se si vuole anche al
parco delle Mura, qualcuno lo chiama anche Parco Pertini, perché un pezzetto è
a lui intitolato. Solo una volontà cieca e bara poteva giocare sui nomi per
poter far passare il concetto di valorizzazione con la costruzione ex novo di
chioschi in cemento armato che al chiosco come li immaginiamo nella memoria
collettiva ben poco hanno a che fare, anzi nulla.
E ci voleva la protesta reiterata di persone attente, sino alla denuncia
alla magistratura affinché si fermasse l’ennesimo scempio. L’ennesimo perché
altri forse altrettanto gravi ma passati sotto silenzio questo parco li ha
subiti eccome. Primo fra tutti il parcheggio (un altro) sotterraneo di fronte
dell’ex Questura, ricavato sotto l’aiuola davanti alla scalinata. Ma se è vero
che nelle aree verdi storiche non si può costruire soprattutto se l’intervento
è spiccatamente privato sarebbe interessante sapere sulla base di quale norma e
di quale parere ne è stata concessa la realizzazione, anche da parte della
Sovrintendenza alle belle arti e della Commissione edilizia. Sembra, infatti,
che l’aiuola che sta sopra il parcheggio sia di proprietà privata e nulla abbia
a che fare con il verde tipico delle altre aiuole trasandate del parco.
Addirittura l’aiuola è curatissima, circondata da una rete di plastica (per
vietarne il calpestio?) e definire ridicola la vegetazione che le è stata
apposta attorno è poco. Mancano Biancaneve e i sette nani per avere un
campionario di quel che non si può fare in un parco storico pubblico. Oppure quel
pezzetto di aiuola è privato? Da quando? E chi glie l’ha data questa proprietà
in sottosuolo? Vuol dire, allora, che tutti gli edifici che affacciano su viali
del Parco hanno il diritto di fare parcheggi interrati e metterci sopra recinzioni
di plastica e nanetti? E se no, perchè quello della ex Questura sì? Forse bisognerebbe
chiederlo alla magistratura, visto che altri uffici pubblici sono del parere
che si possa costruire ex novo sia sotto che sopra le aree verdi pubbliche
storiche.
Basta percorrere poi qualche centinaia di metri per arrivare a piazzale
Risorgimento, che di fatto è una rotonda che non c’entra nulla con il parco né
è solo una lontana appendice/escrescenza. Al centro, un monumento al re, un
parcheggio a raso (ancora!) un vespasiano e una cintura di platani: un luogo
ideale per stupri seriali e soddisfacimento dei bisogni al di fuori del
vespasiano. Solo a Modena c’è un monumento al re con a fianco un cesso, forse
per l’antipatia delle sue genti verso una monarchia codarda, può essere, ma
allora che si abbatta il monumento.
Il parco delle mura o, meglio, della Rimembranza dimostra tutti i suoi
anni: è diventato nel tempo solo una grande aiuola spartitraffico tra viale
Muratori, viale Fabrizi e viale Martiri della Libertà, con in più una rotonda
di re, parcheggi e imperatori (Vespasiano) di cui da tempo denuncio
l’incongruità rispetto a Porta San Francesco e alla sua bellissima prospettiva
che ti invita in centro attraverso un cannocchiale architettonico-urbanistico
mozzafiato.
Più che di chioschi/bunker di dimensioni sproporzionate su segmenti di
parco a volte non più larghi di 40 metri, il Parco avrebbe avuto bisogno prima
di tutto di un attento piano particolareggiato di manutenzione ordinaria e
straordinaria delle aree verdi e degli arredi e poi, ma solo poi, di quel
minimo di servizi commerciali indispensabili per l’estate e per l’inverno. Un
piano di riqualificazione e manutenzione complessiva ne avrebbe dovuto anche
rivederne i rapporti con il centro storico e le aree limitrofe. Ad esempio, si
potrebbe anche prevederne l’ampliamento, eliminando la percorribilità
automobilistica su via Muratori (vera canna dei gas di scarico) tra via Amici e
via Fogliani compresa, dotando così finalmente le scuole elementari e medie
Pascoli/San Carlo di un'area verde complementare, favorendone al contempo
l’accessibilità pedonale e ciclistica a scapito della bolgia quotidiana di auto
in quadrupla fila per scaricare ragazzi che dovrebbero invece arrivare a piedi
o in bici, visto che quasi tutti provengono dai quartieri limitrofi . Di certo,
se non si fa un piano di lungo respiro, il parco così come lo abbiamo
conosciuto potrà solo peggiorare. È ora di intervenire, risanando, recuperando,
rivendendone le funzioni. È un lavoro di urbanistica, che deve chiamare a raccolta
sociologhi e botanici e anche altre specialista di discipline, ma soprattutto è
un percorso di dialogo civile fra cittadini e istituzioni, che può anche durare
qualche tempo se necessario. Non si tratta di fare un buon progetto di stucco e
pittura, ma un buon progetto di civiltà urbana, che reinventi e rinnovi, diventi
patrimonio condiviso, sanzioni abusi passati e ne impedisca di futuri e
restituisca un parco alla città.
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