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venerdì 17 gennaio 2014

MODI DI DIRE DIALETTALI MODENESI (2)



Continua il nostro viaggio attraverso il tempo e i modi di dire della nostra città.
Ecco la seconda puntata dei modi di dire in dialetto modenese con il loro significato e origine.



A-n valér gnanch un bugnìn bru∫ê in dla lómma.
Non valere nemmeno un bolognino bruciato nella lampada. Il bolognino (moneta coniata a Bologna in epoche passate), un tempo, veniva posto sull’apertura superiore del tubo della lampada per ridurre il consumo di petrolio. Per effetto del calore sprigionato dalla fiamma del lume, la moneta si consumava progressivamente e il suo valore, già scarso, diminuiva ancor più. Manlio Cortellazzo avanza l’ipotesi che in questa espressione si celi un certo disprezzo dei modenesi verso tutto ciò che proveniva dalla vicina Bologna, come appunto il bolognino.


A-n vèl ‘na mécca.

Non vale niente. La "mécca" era una vernice trasparente, a base di lacca, che si dava sulle cornici e sui metalli, specialmente sopra l’argento. Gli imbroglioni tentavano di far passare quella doratura per oro vero. Da qui, il significato negativo.


Al còunta come l’aqua dal Murièl ch’la-n fa né bèin né mèl.
Conta come l’acqua di Moreali che non fa né bene, né male. L’espressione deriva dall’«aqua subamara» del dott. Gianbattista Moreali, medico sassolese del 18° secolo che, per volere del duca Francesco III, fu attivo anche negli ospedali modenesi. Studiò gli effetti dell’acqua di una sorgente modenese che conteneva solfato di magnesio, cloruro di sodio e solfato di soda. Insomma, un’acqua blandamente lassativa e rinfrescante che pare non avesse grandi doti medicamentose.

A la gógna.

Alla gogna. Si diceva, un tempo, quando si gettavano monete in pasto alla folla, caramelle da un carro mascherato, doni da un palco in occasione di una festa di paese, anche per divertirsi a vedere chi riusciva a prenderle nel parapiglia. L’espressione deriva probabilmente dalla "gogna", lo strumento di tortura nel quale veniva imprigionato chi, a seguito di una disposizione dell’autorità pubblica, doveva essere punito mediante l’esposizione al ludibrio generale. In quelle occasioni, si creava una notevole confusione, la stessa che nasce quando viene gettato qualcosa alla folla, capace di accapigliarsi anche per una manciata di caramelle. Oggi, questo modo di dire è rimasto col significato di "chi piglia, piglia".


Al n’ha fat piò che Mastréll.
Ne ha fatte più di Mastrilli. Ne ha fatte di tutti i colori. Giuseppe Mastrilli, tra il XVIII e il XIX secolo, fu uno dei più feroci briganti calabresi. La sua fama di parricida, rapinatore e stupratore giunse anche a Modena dove venne ingigantita dal burattinaio Giulio Preti che lo fece diventare protagonista di una delle sue commedie.

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